23 giugno 2013

Tulpa - Federico Zampaglione


Libera il tuo Tulpa, ripete come un mantra Nuot Arquint, nel ruolo del proprietario di un misterioso club privato. Arrenditi al tuo Tulpa. Non c’è altro modo di sciogliere il nodo che blocca la tua vita. Tulpa è, secondo la filosofia tibetana, la parte segreta di noi stessi, quella che si tiene nascosta, in attesa di essere liberata per esprimere e liberare la nostra vera essenza. Allo stesso modo gli iscritti al club si spogliano della loro identità sociale e danno sfogo ai loro istinti, guidati e protetti dall’anonimato garantito dal guru Kiran. Fino a quando un assassino non comincia ad ucciderli uno ad uno nei modi più crudeli, stringendo un cerchio attorno a Claudia Gerini. 

Il film riprende e rielabora in modo contemporaneo l’iconografia e lo stile dei gialli di Argento degli anni ’70, così come di alcuni albi di Bonelliana memoria di Dylan Dog (come ad esempio “I delitti della mantide”). Quello che si vede sullo schermo non sembra una copia o un plagio, ma un vero atto d’amore e d’ispirazione a questa corrente, che viene in parte rievocata da scene chiave ben riconosciute dagli estimatori, ed in parte rielaborata e reinventata per un pubblico moderno. Se per qualcuno non è troppo difficile capire chi sia l’assassino partendo da queste basi – il tipico canovaccio di questi racconti consiste nel presentare personaggi volutamente loschi per insinuare il dubbio sull’identità dell’assassino, solo per poi stravolgere il tutto con una rivelazione che poteva essere shock negli anni ’70, forse un po’ meno adesso – Zampaglione mette comunque in scena un giallo coinvolgente a più livelli, con omicidi gore che si soffermano sull’estetica del delitto e non invece sulla pornografia della tortura, risultando per questo più ‘eleganti’ e meno gratuiti. Tulpa riesce a creare momenti di tensione, a far saltare sulla sedia quel tanto che basta a provocare uno spavento, un disgusto subitaneo, per poi tornare di continuo su una Gerini algida ma non troppo, calata nel ruolo di donna manager che cerca di venire a patti con la doppiezza del suo animo e con la soluzione dell’enigma. Si apprende che il Tulpa può prendere forma umana e venire liberato nel mondo, per compiere omicidi ad insaputa del suo creatore, mentre solo un monaco armato di pugnale rituale può fermarlo. La verità che si nasconde dietro gli omicidi può così essere letta in due modi differenti a seconda che la prospettiva sia quella delle vittime o dell’assassino, mentre tutti i protagonisti in scena potrebbero essere l’omicida, compresa la stessa Gerini. E’ il suo Tulpa che ha preso forma ed uccide? E’ quello di qualcun altro? E’ un essere umano o un demone incarnato? Il film è interessante non solo per quanto riguarda la trama e la sua risoluzione, ma anche dal punto di vista visivo e sonoro, con una fotografia che ricorda sì atmosfere à la Argento ma calate in un contesto metropolitano contemporaneo, unite ad una colonna sonora sensuale. Tulpa è un thriller affascinante che mantiene le sue promesse: nostalgico senza però essere retrò, citazionista quanto basta – forse giusto un pelo di troppo – ed indubbiamente forte, dato il tema trattato. 

Nessun commento: