Il Traghettatore è un tipico romanzo di fantasmi che ripropone i
classici stilemi della letteratura e della cinematografia di genere. Non vi è
un solo elemento che non sia già stato utilizzato e reso famoso altrove.
L’atmosfera è sospesa e rende bene l’idea di mistero, i personaggi ben
caratterizzati e la narrazione comprende quasi tutti gli elementi che ci si
aspetta di trovare. Di contro, lo svolgimento della narrazione è gestito in
modo maldestro, lasciando capire quasi subito la realtà che si cela dietro a
tutte le argomentazioni e gli avvenimenti lasciati in sospeso (una su tutte, il
nome della magione: Elsewhere, l’altrove…),
tanto che quando viene rivelato il finale, non è affatto una sorpresa. I
personaggi, stretti nelle loro colorate caratterizzazioni, sono macchiette in
due dimensioni, ben differenziati tra loro ma incapaci di mutare e di sembrare
reali. La protagonista, poi, ricorda fin troppo da vicino la donna risoluta e
sboccata che è stata la madre della piccola Regan nel grande capolavoro di
questo autore, L’esorcista, da cui è
stato tratto il celebre film di William Friedkin. L’impressione è che l’autore
abbia riunito sotto lo stesso tetto personaggi e situazioni classiche a lui
care, con tanto di citazioni dirette di illustri predecessori –Shirley Jackson
su tutti – per mettere in piedi una storia di fantasmi ambientata ai giorni
nostri, che però non rivoluziona e non modernizza in alcun modo il genere, né
riesce a renderlo accattivante o sorprendente. Ma forse non è mai stato questo
l’intento dell’autore. Basti pensare alla scena di Joan e Terry che si
abbracciano per la paura chiusa nella stanza da letto di lei, dopo che lui l’ha
raggiunta dalla stanza comunicante.
La porta è chiusa a chiave, un forte rumore
sordo colpisce le pareti del corridoio e si avvicina, mentre da lontano si
sentono versi simili al ringhio di un cane. Fino al momento in cui gli altri
due personaggi entrano in camera e dicono di non aver udito niente. Questa è la
stessa, identica scena descritta dalla Jackson in L’incubo di Hill House, che avviene tra i personaggi di Eleonor e
Theodora. Scena che tra l’altro viene riproposta quasi identica anche nella due
trasposizioni cinematografiche ad opera di Robert Wise (Gli Invasati) e più tardi da Jan De Bont (The Haunting). Allo stesso modo altri momenti ricordano sedute
spiritiche, apparizioni e avvenimenti già visti o letti altrove. Ad esempio in The Others. L’impressione di fondo è che
Il Traghettatore non si ponga come
romanzo fatto e finito in sé, ma che si configuri più che altro come un grande
omaggio alla letteratura di genere assemblato sulla scorta di celebri citazioni.
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