4 febbraio 2011

L'incubo di Hill House - Shirley Jackson

Uno dei più importanti romanzi di Shirley Jackson, se non “il” più importante. Capostipite del filone tanto letterario quanto cinematografico delle case stregate dal 1959 ad oggi. Ne è stato un buono specchio il film “Gli Invasati” di Robert Wise del 1963, seppur con sostanziali differenze, così come invece il remake “Haunting – Presenze” di Jan De Bont del 1999 ne è stato un inutile stravolgimento (che di buono aveva solo Catherine Zeta-Jones e le scenografie di Eugenio Zanetti). Molte persone, trovandosi per la prima volta con questo libro in mano, si sono sentite quasi truffate, gravate dall’aspettativa creata da quei recensori che da sempre ne parlano come di un capolavoro. Io stesso, leggendolo per la prima volta, ne sono rimasto deluso. Certo l’eleganza formale e contenutistica che lo contraddistingue da romanzi come “La Casa d’Inferno” di Richard Matheson, 1971, va a tutto discapito di colpi di scena efferati ed espliciti, che molti lettori ricercano proprio in questa letteratura di genere. Eppure il fascino sottile esercitato dalla Jackson mi ha convinto ad ulteriori letture che mi hanno aperto gli occhi.  

Avvicinandosi al libro senza aspettative ci si trova infatti davanti alla vicenda non banale di uno studioso, tale professor Montague, che decide di soggiornare per un breve periodo a Hill House in compagnia di alcuni assistenti, scelti in virtù di caratteristiche particolari. Eleanor si è trovata al centro di un fenomeno di poltergeist da bambina, benché non lo voglia ammettere. Theo ha dimostrato di avere facoltà telepatiche. Luke altro non ha che il sangue nelle vene di coloro che prima di lui hanno ereditato la villa. Ciò che rende davvero interessante la vicenda sono le parti che sono state trascurate o completamente ignorate nella trasposizione cinematografica di Robert Wise. La vicenda completa della storia di Hill House, passata più volte di proprietà a causa di vari eventi sfortunati. Niente di eccessivo tuttavia, certo nulla a che fare con i muri grondanti sangue di “Amityville Horror” o con i demoni di “Poltergeist”. Semplicemente una concatenazione di eventi sospetti. Morti improvvise e assurde. Gelosia e follia degenerate fino a livelli tragici. Paranoie esasperate senza mai prove tangibili. Suicidi. Ed è proprio questa ambiguità a creare fascinazione lungo tutto l’arco della narrazione, influenzando  – o forse no? – il comportamento dei personaggi e facendo emergere lati del loro carattere che li portano in conflitto attraverso il non detto e il sussurrato. Addirittura il semplice pensiero, nel caso di Theo. Ma lei legge davvero il pensiero o è solo abile ad interpretare i sentimenti? Eleanor ha davvero un potere inconscio tale da poter creare scritte sui muri e chiazze di sangue, come tempo addietro aveva attirato una pioggia di pietre sulla propria casa, oppure è solo una donna fragile e disturbata, segnata da una vita infelice, con un disperato bisogno di attenzioni? L’ambiguità si rivela quando si realizza che se non sono loro ad avere capacità paranormali, allora deve essere per forza uno spirito che dimora nella casa. O non sarà forse la casa stessa ad agire sulle loro capacità represse come un immenso catalizzatore? Sta ad ogni lettore cercare di capire quale sia la verità, complicata anche dall’arrivo di un personaggio chiave che nel film di Wise si comporta in modo diverso dal romanzo e perde quindi il suo significato nell’economia della storia, mentre nel film di De Bont manca del tutto: la moglie del professor Montague. Il film di Wise sembra suggerire che Eleanor sia innamorata del professor Montague e che in qualche modo, a causa della sua gelosia, lei riesca a fare sì che la donna venga letteralmente “inghiottita” dalla casa, scomparendo e rispuntando ferita e sconvolta da un’intercapedine solo alla fine. Il romanzo invece va diversamente. La moglie è una donna autoritaria e risoluta che si vanta di essere una valida medium, tanto da viaggiare con tavola ouija e planchette per la scrittura automatica al seguito. Ed è proprio quando il lettore crede di essersi fatto un’idea abbastanza precisa di cosa sta accadendo nella casa che l’arrivo della donna, attraverso l’esito di una delle sue sedute spiritiche, cambia le carte in tavola, instillando il dubbio che le cose possano essere diverse da come sembravano. Senza contare che nel romanzo le schermaglie amorose “in sordina” avvengono tutte tra la passiva aggressiva Eleanor, una Theo viziata e capricciosa che non manca di lasciar trasparire le sue tendenze bisessuali, e Luke, al quale entrambe finiscono con il puntare entrando in conflitto. Ma Eleanor, con il suo bisogno spasmodico di rivendicare tutta l’attenzione che non ha mai ricevuto, finisce per essere messa in disparte, subendo irrimediabilmente la malìa di Hill House. Si arriva così ad intuire in che modo la casa sia riuscita, nel corso degli anni, a portare alla paranoia, alla follia e non di rado alla morte tutti i precedenti proprietari, arrivando quasi ad assumere i contorni di un’entità viva e malvagia.

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