1 febbraio 2011

La pubblicità del budino


Oggi alla televisione ho visto la pubblicità di un budino. Un’allegra famigliola composta da mamma, figlio, figlia e nonno. Il figlio ha preso cinque in matematica ed è affranto perché sua madre gli ha tolto internet. La figlia è incavolata perché la madre le impedisce di uscire con un ragazzaccio (“scapestrato”, lo definisce il nonno) che però a lei piace tanto. Spunta la mamma felice dalla soglia della cucina e intima ai figli di non rompere le balle al nonno, che propone di finire tutti in cucina a mangiare il budino. Ed è così che, incarogniti ma per qualche strana ragione tutti col sorriso stampato in faccia, finiscono a gustarsi questo trionfo di genuinità. Immagino cosa avrebbe detto un pubblicitario degli anni Sessanta valutando una proposta simile da parte del suo team creativo.

Chi comprerebbe mai un budino che viene mangiato da una schiappa in matematica e una poco di buono che vuole perdere la verginità sul sedile posteriore del suo fidanzato delinquente? Facciamo invece che il figlio sia felice perché ha vinto la gara di tabelline a scuola. La figlia è felice perché il suo compagno di banco le ha regalato un rosario come pegno d’amore, mentre il nonno è stato decorato come eroe di guerra. Perché un quadretto come questo non potrebbe funzionare al giorno d’oggi? Allora ho capito. Oggi la gente vuole modelli disfunzionali. Quelli in cui tutti si possono identificare, senza correre mai il rischio di sentirsi inadeguati. Non si tratta di un problema generazionale, la questione è trasversale e riguarda la società contemporanea in toto. Gli schermi televisivi si popolano con successo di assassini amichevoli, freaks e personaggi borderline di vario tipo, famiglie sbagliate e problematiche e corpi imperfetti. Peggiori sono i modelli rappresentati, meglio si sente lo spettatore medio. I loro problemi sono più gravi dei suoi, la loro bruttezza più radicata. Gli anni doppio-zero sono stati gli anni dell’imperfezione così come gli anni Sessanta del boom economico sono stati il decennio della perfezione ostentata, anche quando irreale. Oggi le casalinghe perfette e gli uomini innamorati del proprio lavoro non esistono più. I dati Istat rendono quantomeno scettici sulla durata media del matrimonio. I supereroi sono morti. Ma in che modo tutto questo dovrebbe aiutarci? L’identificazione con modelli negativi aiuta solo ad adagiarsi sugli allori, non certo a migliorarsi né tantomeno a sognare una società migliore. Io non ci sto. Voglio che i pubblicitari tornino a piazzarmi davanti una famiglia zuccherosa quando vogliono vendermi un budino. Voglio che mi ridiano la speranza – o forse basta anche solo l’illusione? – che forse un giorno potrei trovare un lavoro che mi piace e una donna che mi amerà fino a quando sarò vecchio. Ho bisogno di ricominciare ad avere fiducia nel futuro. Ridatemi un ideale da perseguire con ottimismo e forse anche il boom economico tornerà a spazzare via la crisi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi piace come analisi!..immagino tu abbia già iniziato a vedere Mad Men sui pubblicitari anni '60-'70 negli Usa.

VELLUTONERO ha detto...

Ciao, ti ringrazio! Mi piace molto Mad Men, anche se sospetto che sia una subdola campagna pubblicitaria per spingere al consumo di whisky e sigarette.